Il castello di acerenza

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Il castello di acerenza

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13 giugno 2023

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Il castello di acerenza

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(di Michele Di Pietro) Sul castello di Acerenza (PZ), tra i numerosi testi consultati, non emergono notizie precise così come non esiste una pianta completa. Con la caduta dell’Impero Romano,  presa da Totila, Acerenza divenne una delle roccaforti dei Goti e più tardi fu occupata dai Longobardi che la fortificarono e costruirono un castello, ingrandito da Sicone dopo l’anno 817,  modificato  nel tempo,  dopo i recenti restauri è stato adibito a sede del  Museo Diocesano d’arte sacra. Elenco, qui di seguito ed in ordine di data, le citazioni relative al Castello di Acerenza, estratte dai vari testi consultati. Ciò aiuta un po’ a ricostruire la storia del Castello, dalla data della sua costruzione agli episodi che ivi si sono svolti nel corso dei secoli.

Nel 547 (giugno). Da Storia d’Italia del medio-evo di Carlo Troya, Napoli 1850, pagg. 1526 e 1565: “[…] ivi s’impadronì del Castello fortissimo d’Acheruntia, oggi Acerenza […]. Frattanto Giovanni assediava in Lucania il Castello di Acerenza, preso poco innanzi dai Goti […]” (cf. nota 1, pag. 92).

Nel 640 circa. “Il castello di Acerenza, fortissimo per posizione, resistette all’assedio di Costante II (630-668). Il che ci dice che Costante II assalì il Ducato con vari corpi che da un fronte largo dovevano convergere contemporaneamente sulla capitale; inoltre ci assicura che  Acerenza sorgeva ancora in luogo eccelso e non […]”.

Nel 663. Da Memorie istoriche antiche e moderne del regno città di Napoli dell’abate D. Giuseppe Rosselli, Napoli 1824, pag. 536: “[…] Cercò di far lo stesso col castello di Acerenza, ma la sua forte situazione, e la valida difesa resero vani gli sforzi dell’esercito Greco […]”.

Nell’817. “[…] Nel castello si ordisce una congiura contro il duca Grimoaldo IV che viene ucciso e Sicone viene nominato gastaldo […]”















Nell’840. Da 
Memorie storiche dello stato delle provincie che compongono il Regno di Napoli, dell’avv. Domenico Valente, Napoli 1847, pag. 82: “[…] tanto più che un fratello del detto Sicardo per nome Siconolfo, tenuto dal defunto Sovrano per molto tempo carcerato, e poi confinato in Taranto, n’era fuggito, e viveva ricoverato in un Castello del Conte di Acerenza […]”.

Nel 1269. Da Badie, feudi e baroni della Valle di Vitalba, vol. 3°: “[…] Quanto ai castellani, Giovanni de Sulmonato, Gerardo de Vallerio, Guglielmo de Sectays, Guido de la Forest e poi Giovanni Cortese si succedono nel castello di Acerenza, la cui guarnigione viene portata da venticinque serventes […]”.

Nel 1272. Da Memorie historiche di diverse famiglie nobili, di Biagio Aldimari, Famiglia Cortese: “Giovanni era castellano dell’Acerenza […]”.

Nel 1273. “[…] Contribuiva alla ricostruzione del castello di Acerenza, forse abbattuto durante la guerra […]”.

Nel 1275. “[…] Si ha notizia di fabbrica di armi in Avellino. A questa data il maestro Nicola di Avellino si obbligava a fornire 120 baliste (immagine successiva, ndR) al castello di Acerenza. Le quadrelle (frecce utilizzate sulle balestre) erano confezionate in Forino, Avellino e Monteforte, usando le penne di avvoltoio provenienti dall’alta Irpinia […]”.



Nel 1281. Da 
Le eredità normanno-sveve nell’età angioina, Università di Bari, 2004, pagg. 316-317: “[…] Il re Carlo aveva dato ordine al Giustiziere di Basilicata di portarsi personalmente al castello di Acerenza con i maestri muratori ed altri probi uomini a rilevare le misure della cattedrale per ricostruirla eguale in un luogo diverso e più accessibile, nella pianura ai piedi del nido d’aquila […]”.

Nel 1281. Da Codice diplomatico del Regno di Carlo I e II D’Angiò, Napoli, 1869, pag. 189: “[…] Perché da altro diploma di Carlo appare, che in ottobre 1281, Roberto per li suoi eccessi commessi contro l’Università di Morrone, era prigione nel Castello d’Acheronzia” (Rg. N. 42, 1281 B, fol. 66).

Nel 1323. Da Memorie istoriche della Fidelissima ed antica città di Sorrento, 1740, raccolte da D. Vincenzo Donnorso, pag. 190: “[…] Nel 1323 fù Signore del Castello dell’Acerenza, Riccardo Senescalco, e Maggiordomo dell’ospizio di Catarina Duchessa di Calabria, e poi nel 1326 fu Castellano del Castello di Reggio”.


Nel 1371. Da 
Note su Capri di Raffaele Vacca, 2004, pag. 15: “[…] La Certosa era stata fondata, tra il 1371 ed il 1374, da Giacomo Arcucci, segretario e consigliere della regina Giovanna I di Napoli, diventato poi castellano dell’Acerenza, conte di Minervino, Altamura e Cerignola […]”.

Nel 1373. Da Storia critico-cronologica-diplomatica del patriarca S. Brunone, compilata dal P.D. Benedetto Trombi, tomo settimo, Napoli, 1777, pag. 21: “[…] Frattanto il Regio Consigliere, Gran Camerario del Regno di Sicilia e Castellano dell’Acerenza, Jacopo Arcucci, conte di Minervino […]”.

Nel 1642. “[…] Il 23 maggio il Marchese Cosimo Pinelli di Galatone, Duca di Acerenza, donò parte dell’antico Castello all’Arcivescovo di Acerenza Mons. Simone Carafa Roccella. (1638-1647) […]”.

Nel 1736. Da Storia del regno di Carlo III di Borbone, tomo I, Genova, 1790, dell’abate Francesco Becattini, pag. 121: “[…] La duchessa di Monte Pinelli, che si mostrava troppo attaccata alla passata reggenza (sospetti di austriachismo) venne relegata nel suo castello dell’ Acerenza, (poi, tornata a Napoli, era riuscita ad entrare nelle grazie della Regina. Il marito era stato nominato vicario generale dal vicerè Visconti alle prime avvisaglie della guerra) […]”.







Nella torretta del Castello è incastonato un quadrante di orologio in pietra bianca. Si tratta di un orologio meccanico con quadrante “alla romana” segnante l’ora italica.








Sono incisi sul quadrante sei numeri romani indicanti le ore: la VI ora in alto e sei gigli che indicavano le mezze ore. La ruota dentata, conservata all’interno, con le sue tacche regolava il suono della campana. Il meccanismo funzionava con un sistema di corde e contrappesi ed occorreva caricarlo giornalmente.










Recentemente (2011), grazie al paziente lavoro di ricerca effettuato dall’architetto Dino Mongelli di Bari, possiamo immaginare come poteva essere l’immenso Castello Acheruntino. Riporto qui di seguito quanto si evince dalla sua ricerca illustrata: “[…] Nell’impianto urbanistico della città medievale le due emergenze, la Cattedrale e il Castello, svolgono ruoli specifici ed occupano posizioni adatte a tali ruoli: posta all’estremità più protetta, verso la cattedrale convergono principalmente le strade del borgo; posto all’ingresso, il castello controlla e protegge l’accesso al centro abitato, difeso a sua volta dal fossato circostante”.


Dall’analisi della morfologia urbana di Acerenza, è possibile riconoscere un’ipotesi della forma e della posizione del Castello, nel tessuto edilizio attuale”.


A partire dal nucleo originario longobardo, di cui è ancora riconoscibile una torre a pianta circolare, la costruzione del Castello si sviluppa per ampliamenti successivi, e giunge alla configurazione di un organismo edilizio articolato in vari corpi di fabbrica collegati tra loro. Dall’analisi morfologica della mappa catastale e delle planimetrie di edifici limitrofi ai resti certi del Castello, è ancora possibile riconoscere la sagoma plausibile dell’antico complesso fortificato, nel tessuto edilizio della città attuale”.












Il Castello appare oggi inglobato nel tessuto edilizio della rocca medievale con aspetto assai diverso dalle connotazioni originarie, dovute alle integrazioni o ai rifacimenti subiti nel tempo, ed anche agli interventi di consolidamento più recenti, in particolare, sul fronte esterno il Complesso del Castello risulta assorbito nella murata della cinta perimetrale”.











Il fusto della Torre Circolare che risale alle Fortificazioni Longobarde, in parte crollata ed in parte assorbita negli edifici adiacenti, si percepisce tuttora come elemento autonomo ed isolato nella continuità edilizia del Borgo. Il principale accesso esterno alla Torre replica la forma dell’accesso a ponte con una scala a due rampe, cui si accede dall’arco di passaggio, sormontato da uno dei due rampanti”.












La tipologia, i materiali della costruzione e la forma austera di questo manufatto rispecchiano i caratteri dell’architettura fortificata di epoca longobarda, presente nei vari centri medievali della Lucania. Si aggiunge il coronamento tipico a romanella, diffuso in gran parte degli edifici del borgo antico di Acerenza”.

 










La Torre Longobarda e gli edifici adiacenti corrispondono al Complesso del Castello di Acerenza che fa parte del Patrimonio di Proprietà Comunale. Al piano inferiore, il cortile dell’antico complesso ospita l’Auditorium, che con altre sale e servizi annessi costituisce un organismo adatto allo svolgimento di eventi culturali. Dal piano d’ingresso alla Torre il rampante superiore raggiunge l’accesso a locali autonomi posti su due livelli che, analogamente alla Torre Circolare, restano tuttora inutilizzati e abbandonati da lungo tempo. Tanto la Torre Circolare quanto  i locali ad essa adiacenti richiedono interventi di recupero. La Torre Circolare e detti locali limitrofi possono intendersi  come   un   frammento  del  Castello  Longobardo, in  parte sopravvissuto e in parte trasformato, che offre in’opportunità di singolare interesse per un progetto finalizzato alla conservazione e valorizzazione, ma in particolar modo alla divulgazione  dei  beni  culturali  di tale  contesto […]”.











Giovanni nipote di Vitaliano
: genero di Germano. Partecipò, agli ordini di Belisario, alla campagna d’Italia contro Vitige dove si mise in luce tra l’altro all’assedio di Ariminio (Rimini). Nel contrasto tra Belisario e Narsete egli parteggiò per quest’ultimo. Fu sconfitto dai Franchi scesi a saccheggiare la penisola. Alla sconfitta di Vitige incorporò molti soldati Goti tra le sue file. Successivamente al rientro di Belisario in patria divise il comando dell’esercito in Italia con altri generali greci. Al ritorno di Belisario in Italia, Giovanni ebbe il comando delle truppe bizantine in Calabria e nel sud Italia. Fallì nel ricongiungersi con Belisario per liberare Roma ma ottenne alcuni successi locali. Dopo aver combattuto i Gepidi a favore dei Longobardi venne fatto generale dell’Illirico dove continuò a combattere contro i Goti in Dalmazia. Nell’attesa del comandante in capo Narsete egli riuscì a liberare Ancona assediata dai Goti, sconfiggendo quest’ultimi in una battaglia navale davanti l’attuale Senigallia. Congiuntosi con Narsete lo consigliò di marciare lungo la costa in direzione di Ravenna. Nella battaglia di Tagina comandò l’ala sinistra. (Da: http://www.icsm.it/articoli/ri/totila.html).